domenica 4 ottobre 2015

Commenti... sul cassetto

Le prime copie del "Cassetto dei ricordi smarriti" sono già in mano ai lettori. Con bramosia ho atteso il responso, che per uno scrittore è un po' come l'esame di maturità. Mentre attendevo i primi feedback, mi chiedevo: sarà piaciuto o sarà un fallimento? Sarà avvincente oppure dopo le prime pagine, il lettore in preda allo sprone soporifero, preferirà abbandonarlo sul comodino o, se andrà bene, farà parte della libreria del salotto?
Finalmente sono pervenuti i primi commenti di chi ha avuto il coraggio di leggere il mio romanzo e con orgoglio posso dire e scrivere di essere soddisfatto. Non aggiungo altro perché l'autocelebrazione è sempre dannosa e non rientra nel mio stile.
Di questi commenti mi ha colpito molto quello di Maurizio specialmente quando dice: quello che noi riteniamo fondamentale per la nostra esistenza per altri, con il passare del tempo, acquista solo più un significato di un lontano ricordo, fino a sfumare del tutto cadendo nell'oblìo.
Ed è proprio questo il principale significato del romanzo.
I ricordi sono la nostra macchina del tempo che ci riportano indietro facendoci rivivere l’epoca che fu, e io ritengo che “Il cassetto dei ricordi smarriti” sia una piccola macchina del tempo. Infatti da quell’antico mobile escono ricordi sbiaditi che conducono il protagonista agli albori della propria gioventù, insomma una sorta di regressione che lo collocherà in un periodo particolare della propria vita, forse il più brutto, ma per lui fondamentale.
Nelson Mandela diceva che il ricordo è il tessuto dell’identità. Infatti i ricordi aiutano a capire noi stessi, la nostra storia, i nostri cari, il nostro percorso nel tempo, tempo purtroppo sempre tiranno.
Un volto, un fatto, un momento della nostra vita, sono scene impresse nel nostro ippocampo; poi, quando giungerà il definitivo blackout, quella macchina miracolosa si spegnerà definitivamente.
E i ricordi? Andati con esso, perduti per sempre.
Oppure tramandati al prossimo. Fotografie, documenti, scritti, testimonianze, posti in un cassetto e tirati fuori da qualcuno; un fugace sguardo, forse un rapido commento e poi rimessi nel cassetto dell’oblio.
Jim Morrison cantava Quando non ci sarò più, non cercatemi dietro al marmo freddo di una tomba, cercatemi tra le rose... Quando non ci sarò più cercatemi nelle fotografie, cercatemi fra i miei libri, fra le mie poesie, le mie canzoni, fra la mia musica. Cercatemi fra tutte le cose che amo di più, perché solo in queste cose... troverete la mia anima.
Ray Bradbury, nel suo romanzo Fahrenheith 451, scriveva che ognuno deve lasciasi qualcosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato con il nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi si sia là.
Condivido appieno queste frasi, perché tutti noi vorremmo lasciare su questo mondo una traccia della nostra brevissima esistenza; c’è chi ci riesce, come Jim Morrison e chi invece sarà ricordato solo per qualche minuto grazie ai ricordi tirati fuori da un cassetto.
Di seguito posto i commenti dei lettori inerenti il romanzo:

Un libro che ti fa vivere nella Torino in tempo di guerra: vivi le emozioni, le paure e le speranze...come se fossi anche tu protagonista del libro. E alla fine impari che la speranza è l'ultima a morire e che bisogna avere fiducia nei giovani.
Elena 

Ho appena finito di leggere "Il cassetto dei ricordi smarriti", avvincente e in alcuni passi commovente. Molto bello, complimenti all'autore!
Elisa

Con il secondo romanzo, hai innestato una marcia superiore. Più raffinato, più scorrevole ed a tratti avvincente. Non è mancata neanche la commozione alla fine. Bravo!
Ciro.

Anche il secondogenito mi è piaciuto molto. Credo che con questo sfondi!!!
Angelo

Non molto spesso mi capita di leggere un libro in tre giorni. Appassionato di libri e lettura in generale, mi sono accostato al primo "giallo" con qualche dubbio su di un genere che, sinceramente, non aveva mai attirato la mia attenzione: mi sono dovuto ricredere. Introdotto già dalle prime pagine nella mia Torino di settant'anni fa, in un periodo storico confuso e disperato nel quale non era facile distinguere gli amici dai nemici, mi sono trovato ad accompagnare il Commissario Valsecchi nella ricerca della verità sulla morte della bellissima e misteriosa Elena Audisio. Preso da un ritmo veramente incalzante, mi sono trovato a seguire le indagini tra personaggi che agiscono da comprimari (il valido e buon vice commissario Frigerio) e personaggi che sembrano solo affacciarsi sulla scena ma che si rivelano fondamentali per lo svolgersi della narrazione. Una trama avvincente con flashback che mantengono viva la suspance fino alla fine. Una storia poliziesca, certamente, ma ricca di rimandi storici che inquadrano alla perfezione il quadro generale di una Torino martoriata dai bombardamenti, la guerra civile, la vita all'interno della Questura, la paura che chi ha vissuto quegli anni non ha mai dimenticato. Le pagine scorrono veloci in cerca di una soluzione che arriverà solamente alla fine; una fine che, sinceramente, mi ha lasciato un pò con l'amaro in bocca. Non certamente in senso negativo, ma con la voglia di conoscere di persona quel commissario che ha dedicato la propria esistenza alla soluzione dell'unico caso della sua carriera ed al quale si vorrebbero fare tante domande. "Il cassetto dei ricordi smarriti" è stato aperto dopo decenni... i ricordi sono usciti e sono stati rivissuti per essere poi, forse, smarriti per sempre. Un libro che mi ha fatto pensare: quello che noi riteniamo fondamentale per la nostra esistenza per altri, con il passare del tempo, acquista solo più un significato di un lontano ricordo, fino a sfumare del tutto cadendo nell'oblìo.
Maurizio

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